La materia dura animale

Con la materia dura animale si indicano vari tipi di porzioni scheletriche animali, sia marini che terrestri (osso, corno, avorio, dentina, conchiglia). Nonostante questa materia prima sia stata abbondantemente sfruttata durante tutta la preistoria, gli studi a tutt’oggi realizzati sulle industrie sarde sono poco numerosi. In seno alle ricerche condotte dalla dott.ssa Laura Manca, l'analisi di questa classe di materiali è stata affrontata tramite l'applicazione dell'approccio tecnologico. La lettura delle stigmate tecniche, la loro decodificazione, interpretazione e gerarchizzazione sincronica, permette di caratterizzare i procedimenti impiegati. Alla luce dell'insieme dei dati così raccolti, il rimontaggio par défaut consente di ricostruire la sequenza tecnica di trasformazione, nell'obiettivo di identificare i sistemi di approvvigionamento, gli scopi e le modalità della trasformazione. Oltre che determinare alcuni aspetti tecno-economici, sociali e culturali della comunità studiata, i risultati di questo approccio possono consistere nel rilevare e definire le possibili interazioni che intercorrono tra la sequenza tecnica delle materie dure animali e quella di altre categorie di manufatti.

Lo studio di alcune industrie sarde neo-eneolitiche permette di contribuire sensibilmente alla caratterizzazione dei tecno-complessi, confermando le tendenze generali e permettendo di conoscere le modalità di acquisizione, trasformazione e consumo delle materie prime sfruttate.
L'analisi dell'industria su osso del lotto Badas di Su Coddu (Selargius, Cagliari), relativa al primo Eneolitico,  ha consentito di rilevare l’uso preponderante del metodo per fratturazione nella prima fase di lavorazione. Lo scarso grado di trasformazione che gli utensili hanno subito nella fase della messa in forma, avvenuta per abrasione o raschiamento, permette di evidenziare la poca cura investita nella realizzazione. Questa osservazione sembra essere confermata dall'identificazione di schegge ossee utilizzate direttamente dopo la fase di débitage. Il lungo lavoro di selezione effettuato su tutti i resti faunistici e malacologici ha portato all'identificazione di manufatti su conchiglia, prodotti tramite la trasformazione di valve di ostrica.

L'analisi di pendagli e perle discoidali provenienti dalla tomba III della necropoli di S'Elighe Entosu a Usini (Sassari) ha permesso di caratterizzare la produzione degli oggetti di parure in conchiglia relativi all'Eneolitico avanzato-prima età del Bronzo. La determinazione delle specie e l'analisi dello stato di conservazione delle superfici ha consentito di evidenziare la modalità di acquisizione della materia prima: la maggior parte delle valve, selezionate e trasformate in oggetti d'ornamento, sono state raccolte sui litorali marini. La sequenza di trasformazione, concernente tutte le fasi per le perle discoidali e solo la messa in forma per i pendagli, è stata ricostituita tramite l'identificazione e l'interpretazione delle tracce tecniche e l'ausilio di altri studi effettuati in ambito internazionale. Infine, importanti osservazioni a carattere sociale sono state formulate a partire dall'analisi delle stigmate prodotte dall'uso. Questa ha consentito di appurare che i manufatti sono stati utilizzati per lungo tempo prima di adornare il corpo del defunto e scartare l'ipotesi di una produzione esclusiva per il rituale funerario. Parallelamente, è stato possibile ricostruire le modalità di sospensione dei manufatti.