La trasformazione e l'uso delle materie prime vegetali
Il clima alle nostre latitudini e i contesti della preistoria sarda non hanno preservato all'archeologia testimonianze dirette dell'impiego di materie prime vegetali per la realizzazione di strutture, arredi, suppellettili e attrezzature da lavoro, lasciando in ombra una componente pur rilevante per la comprensione dell'organizzazione economica e del quotidiano delle comunità indagate.
Le informazioni raccolte a livello etnografico e la sperimentazione consentono di accostarci con maggiore cognizione alle testimonianze archeologiche che già si possiedono e che si acquisiranno in futuro, le quali consistono in schematizzazioni di elementi architettonici in ambito funerario, impronte di vegetali e incannucciati su frammenti di intonaco e argilla concotta, impronte d'intrecci su frammenti ceramici, dati paleobotanici e ricostruzioni paleoambientali. In altri casi diventa indizio l'assenza di testimonianze dirette: ad esempio il fiorire di importanti villaggi presso stagni e lagune costiere a fronte della scarsità di strumenti litici e ossei collegati all'attività di pesca e la possibilità, documentata etnograficamente per le attività di pesca negli stagni e lagune della Sardegna, di realizzare tutto l'occorrente per la pesca attiva e passiva interamente con materie prime vegetali.
Le indagini sul popolamento preistorico intorno alle due zone umide più importanti della Sardegna, l'hinterland di Cagliari e del golfo di Oristano, hanno evidenziato la profonda interazione tra l'uomo e le risorse naturali. Tra le specie vegetali tradizionalmente impiegate a livello locale si segnala la carice, la canna palustre, il giunco, lo sparto pungente, l'asfodelo, l'olivastro.
I dati provenienti dall'insediamento di Selargius e da altre località testimoniano l'uso di materie prime vegetali nel campo dell'architettura, della produzione di stuoie, della filatura e della tessitura.